Atmosfera irreale, seducente e quasi onirica.
Ti sarà di certo capitato di trovarti in un contesto commerciale in cui tu ti sia sentito al limite dello spaesamento.
Sia chiaro…
Si tratta di uno spaesamento positivo.
Uno di quelli che ti fa quasi perdere i riferimenti razionali e la cognizione logico-temporale, e che ti fa sembrare tutto ciò che vedi così meritevole di essere comprato.
Sembra assurdo, ma esiste una tecnica sviluppata proprio per invogliare le persone ad acquistare maggiormente.
E questo grazie a un pensato e oculato mix di impulsi sensoriali ed emozionali.
Non ci credi?
Be’, in questo articolo ne vedrai delle belle, te lo assicuro…
Pronto a scoprire l’Effetto Gruen?
In questo articolo
Gruen e l’omonimo Effetto
L’effetto Gruen prende nome da un uomo, un architetto.
Viktor David Grünbaum, meglio noto come Victor David Gruen, era un architetto austriaco vissuto nel ‘900.
È vero, il suo nome si lega indissolubilmente all’omonimo Effetto, ma il buon Gruen è passato alla storia per aver ideato il modello dei nuovi centri commerciali.
Fino a circa la metà del secolo scorso, i centri commerciali (più che altro, conglomerati di negozi) erano sempre stati all’aperto e i vari negozi erano distribuiti e collegati da lunghi viali esterni.
Inoltre, le vetrate dei punti vendita permettevano anche ai passanti di vedere la merce e i prodotti dall’esterno del centro commerciale.
Gruen, partendo dal presupposto che i clienti si dovessero sentire perfettamente a loro agio, decise di apportare qualche modifica concettuale:
- Eliminò i lunghi viali esterni (meno strada da percorrere per i clienti significava meno fastidio e fatica);
- Creò un unico, grande luogo protetto e climatizzato a due o più piani, inserendo tutti i punti vendita sotto lo stesso tetto (manovra che garantiva assoluto comfort);
- Sostituì le vetrate con dei muri (i curiosi non avrebbero più potuto sbirciare da fuori, ma sarebbero stati costretti a entrare nel centro commerciale).
Coi suoi negozi a offerta diversificata, il centro commerciale divenne un luogo, potenzialmente, frequentabile da chiunque e, grazie agli accorgimenti di comfort promossi da Gruen, un posto gettonatissimo anche solo per “fare un giro”.
Già…
Quante volte col tuo partner o con un amico, senza un piano per la domenica pomeriggio, avrai esclamato “andiamo a fare una passeggiata al centro commerciale!”.
E, adesso, dimmi…
Quante volte ne sei uscito con almeno una busta in mano?
È così che funziona questo incredibile fenomeno.
Provando a dare una definizione, l’Effetto Gruen è una tecnica psicologia applicata al marketing che, giocando sul coinvolgimento di sensi ed emozioni, mira alla creazione di una iperrealtà in cui il cliente si perda e che sia in grado di bloccarne l’inibizione all’acquisto.
In altri termini, una persona sotto Effetto Gruen tende più facilmente ad acquistare in modo incontrollato.
E tutto, come dicevo, è determinato da una strategia precisamente studiata…
Ma per capirla a fondo, è meglio ragionare attraverso esempi…
Ikea: caso che ha fatto scuola
La più mirabile applicazione dell’Effetto Gruen è, sicuramente, il modello di Ikea.
Quando varchi l’ingresso vieni immediatamente catapultato in una dimensione che, in un certo senso, potresti definire “strana”.
Vieni guidato in un percorso che ti obbliga a passare fra i vari reparti, ma non come se ti trovassi in un semplice showroom.
L’esperienza è “strana” nella misura in cui è assurdamente immersiva:
Bagni completi di tutto.
Camere da letto con abatjour accese.
Libri sulle mensole.
Camera dei ragazzi allestita a campeggio (come se fosse in atto un pigiama party).
Foto incorniciate sui mobili (sono stock, certo, però… capita la filosofia, no?).
In poche parole, ogni volta che entriamo all’Ikea ci sentiamo rapiti e veniamo di continuo sottoposti a colori, profumi, suoni, luci e varie sollecitazioni (anche emotive).
Giocare sui sensi, come dicevo nell’introduzione, è proprio una caratteristica importante dell’Effetto Gruen.
Se ti concentri, potresti anche ricordare che alcuni reparti dell’Ikea hanno odori caratteristici.
Prendi, ad esempio, il reparto dei mobili;
Non ti sembra che nell’aria ci sia un certo profumo di legno e resina?
Che sia voluto o meno, il coinvolgimento dell’olfatto assicura un plus all’esperienza della clientela.
E per quanto riguarda il gusto?
Ikea ha provveduto ampiamente anche a quello!
In ogni centro è presente un punto ristoro con bar, all’interno del quale, oltre alla possibilità di consumazione, c’è anche quella di acquisto di prodotti alimentari scandinavi.
Dolci, salmone, ma soprattutto, le famose polpette dell’Ikea!
E questo non è affatto un dettaglio da poco…
Ogni volta che il corpo assume cibo, il cervello rilascia dopamina, una sostanza che, detto in parole estremamente povere, predispone a sentirsi felici.
La persona trasporta questo senso di appagamento anche quando, poi, si sposta a fare acquisti e, inconsciamente, approcciando alla merce e ai prodotti in modo molto più indulgente, ed è molto più invogliato a infilare qualcosa dentro il carrello.
La spiegazione che dà Gerd Diewald, ex capo della divisione Food negli USA di Ikea, rispetto a questa trovata di marketing è abbastanza esemplificativa:
“Abbiamo sempre definito le polpette “il miglior venditore di divani”. Perché è difficile fare business con clienti affamati. Quando gli dai da mangiare, loro rimangono più a lungo, possono parlare riguardo ai loro potenziali acquisti e prendono una decisione senza lasciare il negozio […] “.
Altro particolare interessante, riscontrabile all’interno di ogni negozio Ikea, è il merchandising “Bulla Bulla”.
Si tratta di una particolare disposizione di prodotti (pupazzi, cuscini, utensili di legno…), messi all’interno di ampi e profondi contenitori.
La grande quantità di questi oggetti e la possibilità di prenderli e osservarli, genera molta curiosità nell’osservatore.
L’interesse è alimentato dal fatto che il contenuto di queste ceste viene cambiato di frequente, cosicché una persona che rientra in un negozio Ikea anche dopo poco tempo si trova davanti sempre prodotti diversi.
Insomma, il colosso svedese ha ampiamente provveduto a investire una larga fetta della propria strategia di marketing proprio sull’Effetto Gruen.
E, a giudicare dai risultati, direi anche con discreto successo.
McArthur Glenn Designer Outlet: alternativa comunque efficace
McArthur Glenn è una compagnia specializzata, tra le altre cose, nella costruzione e nella manutenzione degli outlet in Europa e Nord America.
Si tratta di centri commerciali a cielo aperto, che, al loro interno, ospitano anche più di un centinaio di punti vendita.
E tu mi dirai:
“Ma come… il povero Gruen si è sbattuto tanto proprio per concentrare tutti i negozi sotto lo stesso tetto e McArthur torna di nuovo all’antico sistema?”.
Sì e no.
Sì perché, è vero, i negozi sono disseminati e collegati da viali esterni.
No perché, a differenza dei centri commerciali pre-Gruen, questi tipi di Designer Outlet hanno una struttura “a villaggio”.
Quando entri in un outlet McArthur Glenn hai quasi l’impressione di varcare un’altra dimensione.
La sensazione è data, in prima fase, dai muri che contornano il centro, racchiudendolo dentro se stesso e lasciando fuori il mondo esterno.
Contribuisce a rinsaldare questo aspetto anche la configurazione dell’outlet.
Si tratta di blocchi che ospitano qualche negozio, e ognuno è collegato agli altri tramite camminamenti e vie (ognuna col proprio nome).
In ogni outlet ci sono dei punti di riferimento: due o tre piazze, al cui centro si trovano spesso grandi e magnifiche statue.
Insomma, tutto dà l’impressione di trovarsi davvero all’interno di un piccolo villaggio, con tutte le offerte e i servizi del caso (non mancano ristoranti e bar, ovviamente).
Dulcis in fundo, per agevolare l’orientamento, all’ingresso vengono fornite delle mappe (che sia anche una trovata di marketing che sfrutta la gamification?).
Riepilogo e conclusioni
Se dovessimo rianalizzare quanto sin qui detto ed estrapolare una lezione condensata in punti, queste sarebbero le caratteristiche più importanti dell’Effetto Gruen:
- La centralità dei cinque sensi
Una persona sottoposta a un’esperienza pervasiva, in grado di appagarne i cinque sensi (o, comunque, la maggior parte) proverà un senso di gioia che, inconsciamente, la predisporrà benevolmente.
- L’importanza dello stato emotivo
Non si tratta solo della sfera sensoriale. L’Effetto Gruen, in quanto tecnica di marketing, parla anche al cuore delle persone. Qualsiasi cosa ci faccia provare un’emozione, di qualsiasi natura, ci motiva e ci spinge a compiere un’azione. La difficoltà di chi maneggia l’Effetto Gruen sta, forse, proprio nel capire quale emozione stimolare e con quale fine.
- Cessazione della razionalità
Forse, è proprio questa la caratteristica più tipica dell’Effetto Gruen. L’estremo coinvolgimento della sfera sensoriale ed emotiva fa sì che la parte logico-razionale scenda in secondo piano e che essa perda la sua proverbiale funzione di controllo. In preda ai sensi, le persone compiono azioni che, di norma, non si sognerebbero mai di fare. L’euforia da shopping, per cui una persona inizia a comprare compulsivamente un’enorme mole di prodotti, ne è proprio un caso emblematico.
- Invogliare all’acquisto
L’obiettivo finale, ovviamente, è fare in modo che i clienti spendano il più possibile e che acquistino oggetti che, in un altro contesto, non avrebbero mai preso. Qui si inserisce anche un discorso di tipo etico e deontologico: alcuni, infatti, criticano l’utilizzo dell’Effetto Gruen, proprio perché, secondo loro, mira a raggirare le persone.
Personalmente ritengo che non sia la tecnica in sé a essere condannabile, ma l’utilizzo che se ne fa.
L’Effetto Gruen è un’importante strumento di marketing, che se non viene sfruttato a mo’ di raggiro, ma in maniera seria e responsabile, non credo che possa avere qualche controindicazione.
Siamo giunti al termine di questo articolo…
Spero che ti sia piaciuto e ti sia stato utile per capire cos’è l’Effetto Gruen.
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