Questo articolo non è stato scritto da un’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale è ormai sulla bocca di tutti, basti pensare a Chat-GPT. Ma cos’è l’intelligenza artificiale, come sta cambiando il mondo del lavoro e quale sarà il suo futuro?

Partiamo dalle basi: cos’è l’intelligenza artificiale?

L’intelligenza artificiale (denominata anche IA o AI in inglese) è una branca dell’informatica che vuole replicare o simulare l’intelligenza umana in una macchina, affinché le macchine possano eseguire compiti e attività che richiederebbero l’intelligenza umana.

 

I sistemi di intelligenza artificiale si basano su algoritmi che utilizzano tecniche come l’apprendimento automatico (machine learning) e l’apprendimento profondo (o deep learning).

 

Gli algoritmi di machine learning usano la statistica per fornire dati ai sistemi di intelligenza artificiale e consentire loro di apprendere. In questo modo l’IA migliora nelle attività senza dover essere programmata specificatamente per farlo.

 

Il deep learning, invece, è la sottocategoria del machine learning che si concentra sull’utilizzo delle reti neurali, ovvero reti di neuroni artificiali interconnessi che simulano il funzionamento del cervello umano, affinché l’IA possa risolvere problemi, eseguire le operazioni necessarie e/o reagire in automatico a determinate situazioni (e.g. controllo del traffico aereo).

Dimenticati della fantascienza

Lo scenario comune a cui forse facciamo riferimento quando siamo poco avvezzi a questo tipo di tecnologia è quello di una rappresentazione fantascientifica dei sistemi di intelligenza artificiale: robot consapevoli di sé e con caratteristiche simili a quelle umane.

 

È importante precisare che tutti i giorni abbiamo a che fare con l’IA perché questa può comprendere tantissime cose, basti pensare agli algoritmi di ricerca di Google o al Face ID.

 

In generale questa tecnologia ha trasformato molte aziende a livello globale perché consente agli esseri umani di automatizzare alcuni aspetti del proprio lavoro, risparmiando tempo, e di efficientare alcuni processi che diventano così immediati, automatici, ripetuti nel tempo e accurati.

Come l’intelligenza artificiale sta cambiando il lavoro

L’impiego dell’intelligenza artificiale nei contesti lavorativi è connotato da una straordinaria pervasività. Al crescere della mole di informazioni a cui siamo esposti ogni giorno corrisponde una decrescita della nostra soglia dell’attenzione, che in media, a oggi, è di soli 8 secondi – meno di quella di un pesce rosso.

 

Gli esseri umani non sono macchine, non possono processare ogni informazione che ricevono, né possono memorizzarle come farebbe un computer. Delegare questi compiti a una macchina logica priva di coscienza può essere quindi un ottimo modo per “estendere” le nostre abilità grazie a uno strumento che abbia elevate capacità computazionali, di elaborazione e stoccaggio dei dati e che memorizzi i nostri input affinché possa pianificare, apprendere, ragionare e risolvere problemi.

I diversi livelli di intelligenza artificiale

Pensare all’IA come a una macchina in grado di poter fare qualsiasi cosa mentre l’umanità si sente impotente al suo cospetto non è corretto. Ci sono infatti diversi livelli di intelligenza artificiale da cui ne consegue il grado di controllo esercitato da una persona mentre sta svolgendo le proprie mansioni lavorative.

Intelligenza artificiale debole (Artificial Narrow Intelligence)

L’intelligenza artificiale debole (ANI), chiamata anche Debole AI o Narrow AI, è l’unico tipo di intelligenza artificiale che abbiamo realizzato con successo fino a oggi.

 

La ANI è orientata agli obiettivi, è progettata per eseguire compiti singoli (ad esempio il riconoscimento facciale) ed è molto efficiente nel portare a termine il compito specifico per cui è stata programmata.

 

È fondamentale sapere che, seppur queste macchine possano risultare così intelligenti, in realtà operano sotto una serie di limitazioni a causa dei quali la ANI non può imitare, né replicare, l’intelligenza umana, ma simulare il comportamento umano sulla base di input specifici e vincolanti.

 

Tuttavia non sono da sottovalutare le sue capacità in relazione all’apprendimento automatico e profondo. Ad esempio in medicina i sistemi di intelligenza artificiale vengono usati per le diagnosi di cancro e altre malattie con estrema precisione.

 

Per quanto riguarda la memoria, invece, la ANI può essere reattiva oppure avere una memoria limitata. La prima non ha capacità di archiviazione dei dati, quindi emula la capacità dell’essere umano di rispondere a particolari stimoli senza attingere da esperienze precedenti.

La seconda, ovvero la maggior parte dell’IA, è più avanzata perché dotata delle capacità di memorizzazione e apprendimento che le consentono di prendere decisioni sulla base dello storico dei dati che ha memorizzato.

Intelligenza artificiale generale (Artificial General Intelligence)

L’intelligenza artificiale generale (AGI), chiamata anche Strong AI o Deep AI, è una macchina che imita l’intelligenza e/o i comportamenti umani, apprendendo e applicando la sua intelligenza per risolvere qualsiasi problema.

 

L’AGI può pensare, capire e agire in modo indistinguibile da un essere umano, tuttavia questo tipo di intelligenza artificiale non è ancora stato raggiunto, nel senso che in primis si dovrebbe trovare un modo per rendere consapevoli le macchine, ovvero dotate di coscienza, e ciò, a oggi, non è possibile. Questo perché l’AGI utilizza un framework di intelligenza artificiale della teoria della mente, ovvero  l’abilità che sviluppiamo fin dall’infanzia di riuscire ad attribuire stati mentali (credenze, emozioni, desideri, intenzioni, pensieri) a sé e agli altri e assumere, sulla base di questi presupposti, il proprio e l’altrui comportamento.

 

Quindi non si tratterebbe solo di simulare o replicare determinati comportamenti umani, ma di insegnare alle macchine a comprendere davvero gli esseri umani affinché sviluppino una vera e propria teoria della mente. Tra l’altro difficile a priori se si tiene in considerazione il fatto che per fare ciò si dovrebbe conoscere completamente il funzionamento del cervello umano…

Super intelligenza artificiale (Artificial Super Intelligence)

La super intelligenza artificiale (ASI) è una IA ipotetica che non si limita solo a imitare o comprendere intelligenza e comportamento umani, ma acquisisce consapevolezza di sé, superando la nostra intelligenza e le nostre capacità, e migliorando tutto ciò che facciamo, dallo sport alla scienza, dall’arte alla medicina.

 

Troviamo la ASI ogni volta che guardiamo film di fantascienza che descrivono scenari distopici in cui i robot invaderanno la Terra e schiavizzeranno l’intera umanità. È importante tenere a mente che almeno nel breve e nel medio periodo è molto improbabile che possa succedere qualcosa di simile e forse non vivremo abbastanza per assistervi.

Il lavoro non scompare, ma si evolve

Mi viene difficile pensare agli attuali sistemi di intelligenza artificiali come super intelligenze artificiali consapevoli di loro stesse e più intelligenti di noi. Allo stesso modo mi viene difficile pensare che l’IA sia un trend passeggero.

 

Con un’innovazione tecnologica così profonda, ormai radicata e alla portata di tutti, anche se spesso non ne siamo del tutto consapevoli – algoritmi di ricerca di Google, riconoscimento facciale come Face ID, riconoscimento vocale come Siri o pubblicità online che appaiono sulla base delle informazioni che lasciamo sul web e dalle quali si possono prevedere, ad esempio, i nostri comportamenti o i nostri interessi -, non ha molto senso fissarsi sull’idea che l’intelligenza artificiale sia il male e ci rubi il lavoro.

 

Non ha senso perché questa trasformazione è già in atto e soprattutto non ha senso perché non si tratta di rubare il lavoro, ma di migliorarlo e migliorare la qualità di vita delle persone.

 

Se l’intelligenza artificiale esiste, è grazie all’esistenza degli esseri umani che la “istruiscono”. Inoltre l’IA può sostituirsi alle persone in contesti di estremo pericolo, come situazioni di emergenza causate dai disastri ambientali, o, come è già stato detto, può rivelarsi utile per automatizzare, ottimizzare, efficientare molti business.

Ciò che però si dice poco è che questo comporta necessariamente la nascita di nuove figure professionali che devono monitorare e gestire i sistemi di intelligenza artificiale.

 

In altre parole, se un lavoro svolto da una persona adesso è svolto da una macchina, vuol dire che servirà almeno una persona che supervisioni la macchina: l’immissione dei dati non può essere delegata solo ed esclusivamente all’IA. Inoltre l’output generato dall’intelligenza artificiale è il risultato di un calcolo a cui vanno aggiunte le decisioni prese da un essere umano, basate su valutazioni fatte a partire dalla propria coscienza ed etica.

 

In merito a questo Michal Pechoucek (CTO di Avast) ha affermato, in un intervento durante la conferenza Digital Life Design del 2020 a Monaco, insieme a Garry Kasparov (il più giovane campione mondiale di scacchi e Security Ambassador di Avast), che con l’IA i lavori non scompaiono, ma si evolvono e che togliere le persone da lavori manuali, ripetitivi e noiosi permette loro di avere la libertà di essere più creative, indipendenti e responsabili.

Il futuro dell’intelligenza artificiale

Alcune persone ottimiste ritengono che AGI e ASI siano realmente possibili.

Imitare in modo circoscritto e super specifico il comportamento umano è, come abbiamo visto, relativamente semplice, ma creare una macchina provvista di coscienza umana è completamente diverso.

 

I sistemi di intelligenza artificiale sono ancora in fase iniziale, soprattutto quelli più sofisticati. Tuttavia le scoperte in materia di apprendimento (machine e deep learning) potrebbero indicare che c’è una buona probabilità che vivremo abbastanza per vedere raggiunta la AGI.

Come l’intelligenza artificiale potrebbe migliorare la qualità della nostra vita

L’intelligenza artificiale di Meta

Meta ha sviluppato una IA in grado di decodificare parole e frasi, monitorando l’attività cerebrale umana con un’accuratezza pari al 73%. Analizzando pochi istanti di attività cerebrale, questa IA è in grado di elencare fino a 10 possibili parole o definizioni sulla base di ciò che sta pensando il soggetto.

 

Questo sistema è molto promettente dal punto di vista medico perché potrebbe essere utilizzato da tutte le persone, come i pazienti in stato vegetativo, che non possono comunicare attraverso la parola.

Impianti neurali e Neuralink

Nikolas Kairinos, uno dei massimi esperti di intelligenza artificiale, crede che nei prossimi 20 anni l’essere umano potrà imparare qualsiasi cosa senza doverla memorizzare, grazie a una serie di impianti neurali o applicati sul cranio. Non servirà neanche cercare una parola o un concetto su Google: grazie a questi impianti le risposte verranno visualizzate nella nostra mente.

 

Se può sembrare assurdo, in realtà è plausibile, basti pensare a Neuralink di Musk, che proprio in questo momento sta cercando volontari per la prima sperimentazione umana – l’azienda ha ottenuto il via libera per testare l’interfaccia cervello-computer su pazienti affetti da paralisi.

EchoSpeech della Cornell University

Ottime notizie arrivano anche dai ricercatori della Cornell University che hanno sviluppato EchoSpeech, dei particolari occhiali che sfruttano un’interfaccia di riconoscimento vocale basata sul rilevamento acustico e sull’IA per permettere alle persone, in particolare a quelle con disabilità linguistica, che li indossano di riconoscere comandi non vocali dai movimenti delle labbra e della bocca, quindi di comunicare.

L’eliminazione dei rifiuti plastici grazie al machine learning

L’apprendimento automatico, ovvero il machine learning, potrebbe essere la soluzione per accelerare il processo di scomposizione della plastica.

 

Il polietilene tereftalato (PET) è un tipo di plastica, molto comune, che costituisce il 12% dei rifiuti globali. Alcuni ricercatori dell’Università del Texas hanno modificato un enzima per renderlo in grado di abbattere il PET grazie al processo di depolimerizzazione, assistendo anche a una riduzione del tempo necessario, ovvero una sola settimana, a degradare la plastica. Questo processo consente anche di ricostruire i monomeri in PET vergine affinché si possano potenzialmente riciclare quantità infinite di rifiuti plastici.

Conclusioni

In questo articolo ho parlato di intelligenza artificiale soprattutto in relazione al lavoro perché mi rendo conto che una tecnologia del genere possa – giustamente – spaventare ed essere inizialmente vista con scetticismo.

 

A prescindere dalle proprie considerazioni personali, penso che un elemento ricorrente sia come l’intelligenza artificiale possa migliorare la vita delle persone e possa permettere a quelle con gravissime disabilità di ritrovare funzioni cognitive che per qualche motivo erano state danneggiate…

 

…e sinceramente se l’intelligenza artificiale permette anche questo – perché ricordiamoci che le sfighe possono sempre succedere, a chiunque – io spero di vivere abbastanza a lungo per assistere allo spettacolo.

 

Fonti

 

 

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