Quello dell’ideavirus è un concetto che, ancora oggi, permette di capire in che modo lanciare un nuovo prodotto sul mercato e soprattutto in che modo si muoverà la risposta nel pubblico dei suoi confronti.
A teorizzare l’ideavirus fu Seth Godin, guru del marketing contemporaneo ed esperto di permission marketing e viral marketing, nel suo libro “Unleashing the Ideavirus” pubblicato nel 2001.
Come nasce un’ideavirus e come si diffonde nel mercato e tra il pubblico?
Vediamolo insieme nei paragrafi seguenti.
In questo articolo
Ideavirus definizione
Seth Godin è uno dei maggiori esponenti del permission marketing, ossia del marketing che studia come ottenere l’attenzione attiva e il permesso dei consumatori prima di inviare messaggi pubblicitari.
Comprendere questo principio è fondamentale per capire il concetto alla base dell’ideavirus.
L’assunto di base è che a nessuno piace essere interrotti da messaggi pubblicitari che non sono di proprio interesse.
Già è difficile ottenere l’attenzione dei potenziali clienti davvero interessati al brand o al prodotto; figurarsi se, in assenza di questo interesse, si può generare un profitto.
Anzi, al contrario: “sparare nel mucchio”, investire tanto in pubblicità rivolte a tutti e a nessuno, è un costo insostenibile che non verrà mai ripagato a sufficienza dagli acquisti.
Ecco, allora, che a dover cambiare non è il prodotto. E nemmeno il messaggio pubblicitario.
Prima di tutto, è indispensabile individuare con estrema precisione il proprio target. Non solo; all’interno dello stesso target, esistono diversi gruppi di persone disposte ad abbracciare una novità, come un prodotto innovativo o un servizio appena lanciati sul mercato.
L’ideavirus si muove proprio tra il target, serpeggia a partire da un gruppo ristretto di persone per poi diffondersi, a cascata, sul resto dei potenziali clienti.
Ed è lì, nel gruppo più ristretto, che l’ideavirus va instillata. E può determinare il successo o l’insuccesso dell’intera operazione.
Propagare l’ideavirus
Godin ha individuato l’ideavirus, e non il “prodotto-virus”: non è il prodotto a diventare virale, ma l’idea alla base che ha portato alla creazione di quel prodotto.
Le idee sono destinate a durare molto più a lungo di qualsiasi prodotto. Le idee sono rivoluzionarie: toccano l’anima delle persone, forniscono un senso di appartenenza, di vittoria, di competenza che appaga il proprio essere, affascinano ed educano.
Ed è proprio sulle idee che bisogna puntare: bisogna trovare e lanciare la giusta idea (vediamo in seguito come fare) al giusto gruppo di persone all’interno del target, affinché questi trasmettano e diffondano l’idea con il semplice passaparola.
Qual è il gruppo giusto di persone? Per spiegarlo, Godin attinge alla Curva di Rogers, un modello utilizzato per spiegare in che modo un’innovazione si propaga tra le persone.
Everett Rogers individua 4 gruppi all’interno del target, che collochiamo in ordine cronologico di adozione dell’idea: si parte dal primo gruppo, che trasmette al secondo, che trasmette al terzo e infine al quarto.
Gruppo 1: gli innovatori
Gli innovatori sono quei consumatori che, all’interno del target, nutrono un interesse molto forte e un’attenzione molto alta per un determinato argomento o settore.
Nel mondo contemporaneo, potrebbero corrispondere ai “fanatici” di Apple, che ordinano immediatamente le nuove uscite o le pre-ordinano con largo anticipo per essere sicuri di provare i prodotti prima degli altri.
Gli innovatori sono entusiasti di parlare agli amici delle novità che provano; la loro forza non è quindi nel numero di innovatori disponibili, ma nella potenza e nell’influenza che esercitano per la loro eccitazione verso i nuovi prodotti.
Gruppo 2: gli early adopter
Gli early adopter sono coloro che, ascoltando le opinioni degli innovatori, decidono di provare il nuovo prodotto poco dopo il suo lancio.
Hanno un occhio più critico e meno coinvolto emotivamente degli innovatori. Ciò consente loro di dare un feedback più oggettivo e di influenzare il successo o il fallimento.
Gli early adopter sono più numerosi degli innovatori. La curva di crescita nelle vendite del prodotto si alza proprio in corrispondenza degli adattatori precoci, e lo fa più in fretta di quanto non faccia né con gli innovatori, né con il gruppo successivo.
Quando un prodotto ha successo tra gli early adopter, è destinato ad avere successo nei consumatori di massa – e di conseguenza nel mercato.
Gruppo 3: la maggioranza (iniziale e tardiva)
Tra gli innovatori e gli early adopter, è il passaparola amichevole – amici, gruppi di fan, persone con stessi interessi – a diffondere l’ideavirus. Tra gli early adopter e i consumatori di massa è invece l’emulazione.
Se un gruppo di persone acquista un nuovo prodotto, e quel gruppo di persone è ritenuto affidabile nei giudizi e socialmente accettato, l’imitazione verrà quasi spontanea.
Ecco perché gli influencer funzionano ancora, poiché legittimano l’acquisto di massa grazie alla loro reputazione. O almeno, così dovrebbe essere, ma dell’influencer marketing ne parliamo più approfonditamente in questo articolo, con tutti i suoi pro e contro.
I consumatori di massa sono il gruppo più numeroso in assoluto, e il tasso di crescita si mantiene costante nel tempo, diminuendo quando il prodotto è ampiamente diffuso.
Gruppo 4: i ritardatari
Quando la vita del prodotto conosce la sua fase di declino degli acquisti, ecco arrivare i ritardatari. Il motivo per cui non lo acquistano prima è spesso strettamente personale: indisponibilità di denaro, attesa di sconti e promozioni, un coinvolgimento emotivo o un interesse minore rispetto agli altri gruppi.
Come trovare l’ideavirus
Ora che è più chiaro come l’ideavirus si muove nel mercato, non resta che capire come trovare un’ideavirus e come utilizzarla per spingere un nuovo prodotto o servizio.
Seth Godin, a tal proposito, individua otto leve o variabili che risiedono in ogni idea virus. Questi otto punti sono indispensabili da valutare e rispettare, per far sì che l’idea funzioni tra gli innovatori e gli early adopter:
- trovare gli untori: gli untori corrispondono agli innovatori e agli early adopters, alle persone che devono essere ben individuate per instillare l’ideavirus;
- trovare lo sciame: individuare dove si trova il nostro target di riferimento e chi sono le persone che lo compongono;
- velocità di propagazione: l’ideavirus deve muoversi molto velocemente, deve diffondersi con la stessa rapidità di un virus;
- vettore: in che modo si propaga l’idea? Quale direzione segue? È importante capire qual è il movimento che percorre l’idea, che può diffondersi ad esempio per regioni geografiche, per età, o fermarsi solo ad alcuni gruppi del target;
- mezzo: quali sono i canali che l’idea utilizza per essere diffusa? In alcuni casi rientrano nel puro passaparola, altre volte afferiscono al digitale, con gruppi online, forum, blog e social;
- agilità: non sempre l’ideavirus risulta facile da propagare, e la presenza di ostacoli nel processo di diffusione può essere compromettente e rovinare il passaparola;
- durata: alcune ideevirus hanno un ciclo di vita lungo, altre brevissimo, e nel caso di una diffusione breve è ancor più importante eliminare ogni ostacolo e individuare giusti mezzi per una corretta propagazione;
- amplificatore: il passaparola può essere incentivato attraverso sistemi che amplifichino il passaparola positivo e che mettano a tacere quello negativo. Un esempio di amplificatore può essere l’hashtag nelle campagne social virali.
Conclusioni
L’ideavirus è una nozione che attraversa più campi del marketing.
Entra a far parte della mission, così come dell’insight delle campagne pubblicitarie, del viral marketing e del permission marketing.
Trovare l’ideavirus è un passo importante per dare una spinta giusta al lancio di un nuovo prodotto o servizio.
Puntando, come spesso abbiamo sottolineato, sulle persone che fanno parte del nostro target e su ciò che piace a loro, più che sul prodotto stesso che portiamo in promozione.