“Cos’è un nome? Una rosa, senza il suo nome, conserverebbe sempre lo stesso profumo“: così William Shakespeare, tramite il personaggio di Giulietta, apriva inconsapevolmente un dibattito che ancora oggi è croce e delizia di copywriter e marketers, quello del naming.
Il naming è una delle tante attività del copywriting, e riguarda nello specifico trovare un nome alle cose.
Per “cose”, in questo caso, si intendono principalmente il brand e il prodotto. Compito del copywriter è creare un brand da zero, dandogli il giusto nome, o trovare un nuovo nome per un prodotto da lanciare sul mercato.
Dare nomi è qualcosa che si fa dall’alba dei tempi, e non è certo una novità. I nostri genitori fanno naming quando scelgono che nome darci. Qualcuno eredita il nome del nonno o della nonna, qualcun altro da un personaggio famoso del cinema o della tv, e qualcun altro ancora si becca il nome che ha solo perché “mi piaceva il suono”.
Il naming del marketing non è molto diverso dal naming del nascituro, sotto alcuni punti di vista. Le fonti del nome possono essere molto simili, in effetti. Eppure, nel marketing il naming si assume delle responsabilità molto diverse, e molto più incombenti.
In questo articolo
Perché il naming non è un dettaglio
Eh no, a differenza di quanto diceva Shakespeare, nel marketing un nome non vale l’altro.
Certo, oltre il nome c’è molto di più nella costruzione e nella reputazione della marca, ma un nome può avere un carattere denotativo o connotativo, può ispirare, può ricordare, può generare emozioni positive e negative.
Di questo bisogna tenerne conto, così come bisogna tener conto del suono e della facilità di enunciazione del nome. Entrambe queste caratteristiche possono infatti influire sulla percezione del brand: pensa a un nome come Chanel, alla sua pronuncia, al modo in cui “scivola” sulle labbra già all’inizio.
Conoscere in maniera approfondita tutte le dinamiche che ruotano intorno alla linguistica, alla semantica, alla percezione sonora è compito del copywriter quando si appresta a lavorare su un brand naming. Ed è per questo che non tutti sono in grado di trovare il nome giusto a ogni cosa.
Brand naming: come trovare un nome al brand
Ora dovrebbe essere più chiaro perché sul naming non si scherza, e sarebbe meglio affidarsi a professionisti per trovare il nome perfetto per ciò che si vuole rappresentare.
In questo articolo, vediamo quali sono alcune delle tecniche che i copywriter usano per trovare il giusto brand name e fare un buon lavoro.
Prima di farlo, però, due doverose premesse.
Innanzitutto, è meglio ricordare che non ci sono regole generali e universalmente accettate. Il brand name è frutto di una ricerca talvolta lunghissima, sia interna, rispetto ai prodotti, ai valori e all’essenza del brand, sia esterna all’azienda, con confronti iniziali che coinvolgono i competitor da cui, ovviamente, ci si vuole distinguere.
In secondo luogo, un buon naming è raramente frutto di un lampo di genio o della fantasia del momento. Preparatevi ad aspettare settimane intere per arrivare al nome perfetto. Oltre alla ricerca e allo studio, una fase importante è quella dei test: bisogna far circolare le proprie idee per capire quali sono a fuoco e quali sono completamente fuori fase.
Ci siamo: è il momento di scoprire cosa fanno i copywriter una volta raccolte tutte le informazioni utili. Il momento in cui conoscenza e creatività si incontrano e danno vita a nomi nuovi di zecca.
Vediamo come i copy giocano con le parole!
Mappe mentali: i collegamenti che aprono nuove porte
Il miglior modo per affollare il foglio bianco di idee e fare un buon brainstorming è quello di utilizzare le mappe mentali, creando delle associazioni di idee e lasciando la mente libera di correre senza limiti.
Quando si fanno esercizi di questo tipo, il nostro cervello crea in automatico delle connessioni che attingono direttamente dalla nostra esperienza e conoscenza, anche più remota e anche non immediata.
Il segreto di una buona mappa mentale è proprio quello di non dare limiti al pensiero e di non indirizzarlo in nessun modo. A volte, così facendo, si creano delle assimilazioni e dei collegamenti che potrebbero sfociare in brand name accattivanti e significativi.
Utilizza e unisci più parole
JustEat, Instagram, FedEx: cosa hanno in comune tutti questi brand? Nascono dall’unione, talvolta diventata crasi, di più parole. Just Eat si unisce, Instant e Photogram sono fusi insieme, Federal Express anche: non si parte da una sola parola, ma si parte da più parole su cui si lavora per trovare un suono corto, veloce, accattivante.
Uno degli errori più comuni che si commette quando si cerca un nuovo brand name è limitarsi a voler trovare sin da subito un nome conciso.
Giocare con le parole, con più parole, che appartengono al campo semantico dei prodotti o ai benefici che i prodotti apportano, è un ottimo metodo spesso utilizzato per trovare brand name che comunicano all’istante le caratteristiche salienti del brand.
Rifiuta il banale, cerca l’originale
Ti sembra di averlo già sentito? Somiglia a qualcosa che già esiste? Senti, dentro di te, che non soddisfa pienamente le tue aspettative? È ciò che capita alla maggior parte dei copywriter per tutte le prime versioni dei brand name che mettono nero su bianco.
E va benissimo: originale non significa sempre disruptive, eccezionale, qualcosa che sconvolge il pubblico. Significa trovare un nome che si avvicina quanto più possibile a chi è il brand e cosa fa il brand. E ogni brand ha un’anima originale, che va rispettata scegliendo un nome attinente.
Prova, riprova, smonta e rimonta le parole. L’originalità è frutto della fantasia, che subentra dopo una ricerca approfondita dell’anima stessa del marchio.
Non è più tempo per i cognomi
Anche le case di moda, da sempre associate a doppio filo al proprio cognome (Gucci, Versace, Dolce & Gabbana) stanno abbandonando questa usanza: oggi abbiamo Supreme, Desigual, il recentissimo Anti Social Social Club.
Apporre il proprio cognome al proprio brand è una pratica ormai abbondantemente in disuso. Ciò significa che è vietato? Non per forza: se il cognome ha una storia territoriale e familiare importante, può diventare di per sé una marca che trasmette continuità e sensazioni positive, legate proprio alla conoscenza della storia di quella famiglia.
Ne sono un esempio gli oleifici: spesso e volentieri l’olio prende il nome della famiglia che gestisce il frantoio da più generazioni. Famiglie che, nel territorio, tutti conoscono, e tutti possono testimoniare la bontà del loro olio. Così, anche quando si spingono verso altri mercati, possono contare su una buona reputazione di base che giustifica l’uso del proprio cognome.
Santo dizionario analogico
Sei a corto, super a corto di idee? La vera arma segreta di ogni copywriter che si occupa di naming è il Dizionario Analogico della lingua italiana, un dizionario dove non sono presenti i significati dei nomi, ma compaiono le parole associabili per semantica, locuzioni e modi di dire, creando collegamenti per analogia.
Perché il dizionario analogico è così importante? Quando le idee mancano, offre nuovi spunti su cui lavorare per tornare a compilare la propria mappa mentale. E il foglio bianco torna a riempirsi di nuove idee!
Conclusioni
Un nome, sette/otto lettere di media, sembra una delle componenti più semplici e facili da trovare per identificare un nuovo brand.
Finché ci si ricorda che quel nome segnerà per sempre la vita della marca, ne costituirà l’appellativo con cui i potenziali clienti e i clienti ci si rivolgono, sarà declinabile in tanti modi diversi e dispositivi diversi.
Prenditi il tuo tempo per trovare il nome giusto. La fretta non aiuta a fissare una pietra miliare nell’immagine e nella reputazione del tuo brand. E ricorda: testalo, confrontati con altre persone, esponi le tue idee per trovare un brand name che parli davvero del brand stesso.