Bias cognitivi: cosa sono e come sfruttarli nel marketing

bias cognitivi

Non posso vivere se non faccio lavorare il cervello. E, del resto, per cos’altro vale la pena di vivere? Scriveva Arthur Conan Doyle ne Il segno dei quattro.

Il cervello umano sa essere un’affascinante macchina perfetta..o quasi.

È una spugna in grado di assorbire migliaia di informazioni al minuto, di fare associazioni multidisciplinari con estrema facilità e di avviare il processo iniziatico per l’elaborazione delle emozioni.

Un quadro che potrebbe essere idilliaco, ma che in effetti non lo è. E i bias cognitivi ne sono la prova.

In questo articolo ti porterò con me nel seducente mondo dei bias cognitivi. I pregiudizi che il nostro cervello elabora in maniera più o meno conscia e che influenzano i nostri comportamenti, le nostre scelte e i nostri bisogni.

Allacciati la cintura, perché oggi si corre forte!

Cosa sono i bias cognitivi

I bias cognitivi sono l’interpretazione soggettiva di una determinata realtà in grado di condizionare i nostri bisogni e le nostre scelte.

Sono dei preconcetti che il cervello elabora in base alle esperienze vissute, all’educazione ricevuta e al tipo di ambiente in cui viviamo.

Quando nascono i bias cognitivi?

La loro nascita è riconducibile a Kahneman e Tversky, i due psicologi che all’inizio degli anni ’70 hanno avviato una ricerca basata sui processi decisionali attuati in contesti di incertezza e scarsità. Il contributo rivoluzionario e avanguardista dei due autori è stato riconosciuto soltanto nel 2002 con l’assegnazione del premio Nobel per l’Economia allo stesso Kahneman.

Come funzionano i bias cognitivi?

Vengono innescati meccanicamente dal nostro cervello dietro lo stimolo di diversi fattori, tra cui:

  • la velocità
  • il sovraccarico di informazioni 

Di fronte alla mancanza di tempo e all’eccessivo carico di notizie, il nostro cervello corre ai ripari. Attuando per spirito di sopravvivenza uno schermo protettivo di cui i bias cognitivi ne sono portatori.

Come il buon Galileo insegna dietro a ogni problema c’è un opportunità e allora come sfruttare il potenziale dei bias?

Vediamo insieme nei prossimi paragrafi come fare.

 

I tipi di bias cognitivi

Ci sono due notizie che devi sapere: una cattiva e l’altra buona.

La prima è che nessuno è immune ai bias. La seconda è che una volta che hai imparato a riconoscerli, puoi raggirarli senza rimanerne succube!

E come fare se non iniziando a conoscerli?

Esistono circa 200 tipici di bias cognitivi, oggi ti racconterò i tre che vengono più usati nelle strategie di marketing online e offline.

 

Bias cognitivi di ancoraggio

È il bias per antonomasia. Determina la prima idea che un consumatore si fa di un dato prodotto. Ma in che cosa consiste l’effetto ancoraggio?

L’utente si ancora letteralmente al primo modello che trova, lasciando che questo influenzi le sue scelte e le considerazioni derivanti dal paragone con altri prodotti simili.

È un meccanismo che ricorda molto l’effetto primacy. Un esempio?

Pensiamo a quando cerchiamo su Internet il prezzo di un prodotto che vogliamo comprare. Poniamo che il primo risultato che otteniamo sia € 50, continuando nella ricerca troviamo lo stesso prodotto su un sito a € 30 e su un altro a € 70. Il bias di ancoraggio ci fa percepire il costo di € 50 come base dalla quale partire per sviluppare il nostro potere decisionale. È l’ago della bilancia che ci fa percepire i € 30 come offerta imperdibile e i € 70 come costo eccessivo.

Bias cognitivi di riprova sociale

È il bias che ci ricorda che siamo animali sociali e che siamo naturalmente portati a essere influenzati dalle azioni del branco.

Il bias di riprova sociale è un elemento chiave che negli utili anni è stato adottato da tantissime realtà per sviluppare strategie di marketing aziendali puntuali ed efficaci.

Hai presente le recensioni lasciate alle strutture ricettive sui siti di booking? O i feedback corredati da stelline che inondano gli e-commerce dei fast fashion più famosi? Ecco, questi sono due esempi di bias di riprova sociale che hanno lo scopo di influenzare l’opinione del singolo attraverso l’opinione collettiva.

Chi di noi non si è sentito più sicuro ad acquistare un determinato prodotto dopo aver letto le recensioni positive degli altri utenti?

Pensa che secondo una recente statistica più del 90% degli acquisti online viene condizionato dalle recensioni lasciate da altri utenti!

Bias cognitivi di framing

Il bias di framing è strettamente correlato al contesto, alla cornice (da qui la derivazione del termine frame) in cui siamo immersi e dove riceviamo determinate informazioni.

 L’effetto framing inquadra la nostra mente influenzandone gli stimoli e gli input cognitivi. È un processo estremamente importante per l’attuazione delle strategie di marketing. 

Se ti fermi un attimo, non ti sarà difficile constatare quanto siamo costantemente immersi in una o più cornici di riferimento attraverso le immagini, le parole o le sensazioni.

Pensa ad esempio a un qualsiasi spot che pubblicizza un’automobile. Ti troverai davanti a paesaggi sconfinati che ti daranno la percezione della sostenibilità e dell’energia (esempio di immagine).

E le parole? Facciamo un esempio pratico:

Lo yogurt PincoPallo ha il 10% di grassi

O forse dovrei dire Lo yogurt PincoPallo è privo di grassi per il 90%?

È evidente che il concetto è lo stesso ma la percezione è diversa. Il consumatore sarà portato a scegliere il prodotto presentato privo di grassi per il 90% piuttosto che quello che evidenzia la percentuale di grassi contenuti. Questo perchè la percezione numerica sottolinea il punto di forza del prodotto. L’azienda adotterà pertanto una strategia di comunicazione con un copy persuasivo pensato ad hoc per far risaltare la percentuale light del prodotto.

Perché sono importanti nel marketing

I bias cognitivi, l’abbiamo detto, sono una risorsa importante per veicolare le scelte di acquisto degli utenti.

Chi si occupa di marketing non può prescindere dai processi di valutazione del proprio pubblico. La materia che più nello specifico si interessa di ciò è il neuromarketing. Si occupa di studiare i processi psicologici e cognitivi delle persone. Per comprendere sia i meccanismi delle scelte di acquisto, che le reazioni derivanti dagli stimoli generati dalla comunicazione del prodotto, dal brand e dalla pubblicità. 

Capire il funzionano dei bias cognitivi significa anticipare le necessità del pubblico di riferimento e prevederne il comportamento. Questo per le aziende si traduce in:

– maggiore consapevolezza del proprio pubblico
– sviluppo di una strategia di marketing customizzata ed efficace

Pensiamo ad esempio al design e all’arredamento di un negozio o alla scelta di un copy impattante per il lancio di un nuovo prodotto. Non sono scelte dettate dal caso o dalla fantasia del momento. Ma obiettivi mirati che orientano l’utente all’acquisto, il più delle volte attraverso la Gentle Nudge, una spinta gentile che l’azienda attua sull’utente per portarlo a fare ciò che essa vuole.

Conclusioni

I bias cognitivi ti hanno fatto scoprire un nuovo mondo?

Ti senti pronto a riconoscere gli aspetti psicologici su cui fanno leva le aziende?

Sfruttare i bias cognitivi è importante ma lo è altrettanto l’aspetto etico. Non dobbiamo confondere la persuasione con il raggiro. Un esempio eclatante sono le fake news!

Manipolare il pubblico non è etico né corretto, i bias cognitivi possono essere un valido strumento per stimolare le scelte del pubblico verso un determinato obiettivo. Ma non va mai persa di vista la finalità del prodotto o servizio che l’azienda vuole dare. E, cosa fondamentale, non dobbiamo dimenticare che il vero goal di un’impresa è saper instaurare un rapporto duraturo, intimo e privilegiato con la propria audience.

Mi auguro di averti aiutato a capire meglio cosa sono i bias cognitivi e averti dato un valido strumento per districarti dal mare magnum delle strategie di marketing.

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