Nel marketing, sopratutto se si parla di ecommerce, una metrica fondamentale per giudicare l’andamento di un business è sicuramente la spesa media per cliente. Quando si vuole scalare un business, infatti, è proprio uno degli aspetti su cui ci si concentra maggiormente.
Ti ricordi la strategia dei 1000 True Fans?
Te ne abbiamo parlato in questo articolo, ma riassumendoti il concetto in poche righe, questa evidenzia quanto non sia fondamentale avere milioni di clienti, ma che basti possedere anche 1000 veri fan, che ci seguono ovunque e acquistano praticamente ogni cosa che mettiamo in commercio.
Questo per dire che se abbiamo un numero ristretto di clienti (ma anche no!) è fondamentale aumentare il profitto che ognuno di questi ci porta con un singolo acquisto.
Si parla di “spesa media” oppure di “scontrino medio” per cliente.
In questo articolo andremo proprio a vedere alcune strategie molto utili per aumentare la spesa media per cliente.
Sei pronto?
Buona lettura!
In questo articolo
Cos’è l’up-selling e come sfruttarlo
L’up-selling è una tecnica di vendita con la quale si incentiva il cliente all’acquisto di una quantità di prodotto maggiore rispetto a quanto inizialmente richiesto.
Vuol dire che nel momento in cui una persona sta effettuando un acquisto di un nostro prodotto o servizio, noi gli proponiamo lo stesso prodotto, ma magari in quantità maggiore, oppure in una versione migliorata, con un costo maggiore ma anche con più vantaggi.
Questa è una delle tecniche più utilizzate ed efficaci, perché nel momento dell’acquisto, abbiamo già ottenuto la fiducia del cliente.
In quel momento abbiamo la sua fiducia e la sua massima attenzione, per cui possiamo permetterci di offrirgli un qualcosa in più, di fare un upgrade.
Facciamo un esempio per capire meglio il concetto.
Immagina di essere su un ecommerce di cibo per cani.
Stiamo acquistando il cibo per cani da 3.5 Kg al prezzo di 20 euro.
Nella fase di checkout, stiamo per pagare e il sito ci segnala che esiste lo stesso cibo per cani ma di dimensioni maggiori: 7 Kg a soli 30 euro.
Magari non abbiamo necessità di quella quantità di cibo per cani, ma ci viene segnalato un upgrade ad un prezzo vantaggioso rispetto al nostro acquisto.
Conveniente no?
Ci sono, tuttavia, delle cose da non fare.
Quando si parla di up-selling un errore che si fa è proporre all’utente che si trova in fase di pagamento, un prodotto di costo maggiore, ma che non c’entra nulla con il prodotto che si sta acquistando.
Questo non è up-selling e, anzi, può farci ottenere il risultato opposto…
Rischiamo di infastidire il cliente che potrebbe pensare che vogliamo semplicemente vendergli il più possibile invece di dargli un valore maggiore.
Se, in fase di acquisto, un utente sta comprando un iPhone 5 e noi gli proponiamo un iPhone 5s scontato, stiamo facendo up-selling.
Se, in fase di acquisto, un utente sta comprando un iPhone 5 e noi gli proponiamo un computer… stiamo sbagliando tutto!
Ma, quindi, come possiamo sfruttare l’up-selling?
Ecco qualche consiglio per sfruttare in modo efficace l’up-selling.
- Inseriscilo in fase di checkout;
- Non essere troppo pressante o invasivo;
- Personalizza i messaggi;
- Proponi un prodotto correlato;
- Sfrutta le email per prodotti digitali;
- Sfrutta il remarketing per prodotti digitali.
Ci sono poi tanti altri modi, il vero limite è la creatività e il buon senso:
non essere mai troppo invasivo.
Ci tengo, per concludere, a ripetere un concetto veramente importante.
Up-selling non significa spammare i tuoi prodotti soltanto perché vuoi vendere il più possibile…
Il cliente se ne accorge.
Il tuo focus deve sempre rimanere quello di fornire un valore maggiore all’utente, ad un costo maggiore certo, ma concedendogli la possibilità di scegliere senza pressioni.
Focalizzati sul dare il valore alle persone, sia nel business che nel marketing.
E invece il down-selling?
Questa tecnica è praticamente l’opposto dell’up-selling e consiste nel proporre all’utente un prodotto di caratteristiche e valore simile a quello che sta visionando, ma che ha un costo più basso.
Generalmente, quindi, a differenza dell’up-selling, questa strategia non viene utilizzata in fase di checkout, quando un utente ha già deciso di acquistare un prodotto e sta per pagare, ma prima, quando un utente magari passa diverso tempo o visita più volte una scheda prodotto.
Questa tecnica ha l’obiettivo di chiudere la vendita, agendo sulle persone che sono indecise, ma allo stesso tempo fidelizzare anche il cliente, perché gli facciamo sapere che teniamo a lui.
Proponendo un prodotto alternativo e qualitativamente simile a quello che voleva in origine il cliente, lasceremo sicuramente un’impressione molto positiva, nonostante vada a nostro discapito.
Solitamente, è una tecnica per ovvi motivi meno utilizzata dell’up-selling, perché è effettivamente controintuitiva, ma se usata con intelligenza e strategia può veramente aumentare la spesa media per cliente, facendo acquistare qualcuno che magari non avrebbe acquistato, o fidelizzando un cliente che poi più facilmente tornerà a comprare da noi.
Cos’è il cross-selling e come sfruttarlo
Abbiamo visto cosa sono up-selling e down-selling, andiamo ora a vedere quella che è forse la tecnica più utilizzata per aumentare lo scontrino medio per cliente.
Questa strategia viene utilizzata tantissimo dagli ecommerce, ma anche da altri colossi nei propri punti vendita.
Se ti dicessi McDonald’s o Foot Locker?
Ti viene in mente qualcosa?
Tranquillo, ora ci arriviamo.
Vediamo prima cos’è il cross-selling.
Il cross-selling vuol dire letteralmente vendita incrociata.
Fare cross-selling significa proporre prodotti aggiuntivi, ma di categoria simile all’acquisto originario del cliente.
Non parliamo più, quindi, di un upgrade, ma di un prodotto aggiuntivo.
Esistono due tipologie di cross-selling:
quello pre-vendita e quello post-vendita.
-
- Cross-selling pre-vendita: in modo analogo all’up-selling, proponiamo in fase di checkout un prodotto simile a quello che sta acquistando l’utente. Le persone possono scegliere se aggiungerlo nel proprio carrello e concludere l’acquisto ordinando, quindi, tutti i prodotti insieme in un unico ordine.
- Cross-selling post-vendita: in questo caso, invece, un utente ha già effettuato un acquisto di un prodotto e ad ordine completato lo raggiungiamo proponendogli un prodotto correlato, che potrebbe, quindi, essergli utile visto l’acquisto precedente. Potremmo, ad esempio, raggiungere l’utente tramite email marketing, magari proprio nella mail di conferma d’ordine, oppure tramite remarketing su Facebook.
Facciamo però un esempio di cross-selling.
Non possiamo non citare Amazon, il colosso dell’ecommerce e il più grande al mondo.
Amazon utilizza entrambe le modalità di cross-selling che ti citavo prima.
Ti sarà capitato mille volte, immaginati questa scena:
sei su Amazon, dopo un po’ di ricerche decidi di acquistare il rasoio da barba del brand “X” che tanto ti serviva.
Vai nel carrello per pagare e Amazon ti dice “Visto che ti è piaciuto questo prodotto, potrebbe interessarti anche…“, mostrandoti magari una serie di schiume da barba in offerta.
Questo è un ottimo esempio di cross-selling pre-vendita.
Amazon ti sta proponendo dei prodotti (schiuma da barba) direttamente correlati al prodotto che stai acquistando (il rasoio) e ti aggiunge un valore.
Se interessato, andrai a vedere l’offerta e aggiungerai al carrello anche la schiuma da barba.
Ecco qui come Amazon ha aumentato la tua spesa.
Ma potrebbe non essere questo il caso.
Magari hai appena acquistato una schiuma da barba qualche giorno prima e non ti serve, oppure il tuo occhio (anche se difficile) non cade sul suo suggerimento in fase di checkout.
Cosa succede?
Amazon comincia, già dalla mail di conferma acquisto, ad inviare messaggi pubblicitari promuovendoti la schiuma da barba, un prodotto che in un modo o nell’altro, prima o poi, ti servirà se hai acquistato un rasoio.
E non si limita alle email, ma ti bombarda di pubblicità anche tramite Facebook Ads e Google Ads.
Insomma, non c’è esempio più lampante di cross-selling di quello di Amazon, che fonda il suo intero impero di ecommerce sulle tecniche descritte in questo articolo.
Quindi, come sfruttare il cross-selling?
Ovviamente, se hai un ecommerce puoi proporre prodotti simili a quelli acquistati o nel carrello.
Ma pensiamo a livello più ampio.
Potresti, ad esempio, vendere un servizio, come una consulenza (mettiamo sulle Facebook Ads).
In fase di vendita o post-vendita potresti proporre un prodotto aggiuntivo, magari dei template che il cliente possa usare per le grafiche delle proprie inserzioni pubblicitarie su Facebook Ads.
Questo è cross-selling.
Ma pensiamo anche in altri contesti, al di fuori dei prodotti o servizi.
Pensiamo ai nostri tanto amati contenuti.
Potresti, alla fine di ogni articolo sul tuo blog, proporre al lettore un articolo simile a quello letto.
In questo modo tratterrai l’utente e rafforzerai la relazione con lui facendogli leggere altri contenuti.
Anche questo è cross-selling.
Ma attenzione…
In questo tipo di strategia è fondamentale la pertinenza.
Se vuoi fare cross-selling devi farlo bene e consigliare soltanto prodotti pertinenti al prodotto visionato e/o acquistato dall’utente.
Altrimenti, come nel caso dell’up-selling, non farai altro che infastidire l’utente.
E non è di certo quello che vuoi…
Giusto?
Le strategie adottate da McDonald’s
McDonald’s ha fondato la sua intera strategia di profitto su queste tecniche.
Quello che faceva all’inizio la famosa catena di fast food era vendere hamburger ad un costo molto basso, tanto da non avere profitto su questa vendita.
Questa era un’ottima esca per attirare clienti: panini di qualità ad un costo molto basso.
Gli portava nuovi clienti, certo, ma il prezzo era troppo basso per garantirgli dei buoni profitti e, di conseguenza, scalare il business.
Ma la famosa catena di fast food ha saputo sapientemente sfruttare cross-selling e up-selling per aumentare la spesa media per cliente.
McDonald’s ha introdotto alla cassa la possibilità di aggiungere, ad un prezzo ridotto, coca-cola e patatine fritte.
Creando così i famosi menù.
Ti dice qualcosa?
Ovviamente, chi va a comprare un hamburger potrebbe aver bisogno di acquistare anche una bevanda e un contorno.
Per il cliente è conveniente e aumenta la spesa media e il fatturato del negozio.
Ma non solo, ne aumenta anche i profitti, visto che McDonald’s aveva margini molto più alti su patatine e bevande.
Allo stesso tempo ovviamente aumenta anche la nostra spesa, ma non la percepiamo, perché il valore, nel complesso, è più alto.
Ma McDonald’s non si limita soltanto a questo, ma utilizza anche l’up-selling per massimizzare ulteriormente i profitti.
Ci troviamo sempre in fase di acquisto, stiamo per ordinare il nostro bel menù con hamburger, patatine e coca-cola.
La cassiera cosa fa?
Ovviamente, ci indica il cartellone che ci propone il menù più grande.
Il costo è di poco più alto del menù inferiore e col sovrapprezzo di un euro possiamo avere una bibita, un panino e delle patatine più grandi.
Visto che la differenza di prezzo è così piccola, perché non approfittarne?
Spesso finiamo per effettuare l’upgrade al menù più grande, anche se magari non abbiamo poi così tanta fame e non finiremo mai tutto quello che abbiamo acquistato.
L’up-selling, come puoi notare in questo esempio, sfrutta al massimo il nostro bisogno inconscio di ottenere il più possibile con il minimo sforzo, in questo caso economico.
La strategia di McDonald’s è un ottimo esempio di come sia possibile utilizzare un prodotto esca per attirare i clienti e massimizzare poi i profitti tramite la vendita di altri prodotti correlati.
McDonald’s è un colosso che ha saputo sfruttare sapientemente il marketing per crescere.
È fondamentale studiare le strategie utilizzate dai migliori, modellarle e applicarle dove possibile al nostro contesto.
Conclusioni
Spero che questo articolo ti sia piaciuto e ti sia stato utile per capire cosa sono Up selling e Cross selling.
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In questo articolo abbiamo parlato dicosa sono Up selling e Cross selling, per questo contenuto é tutto, a presto e ricorda…
Comprendi e sfrutta il digital marketing. Oppure rimani succube del suo potere e accettane le conseguenze.